Teatro

Don Chisciotte combatte i suoi mulini a Spoleto

Don Chisciotte combatte i suoi mulini a Spoleto

Domenica 26 novembre al teatro Caio Melisso, dopo lo straordinario successo ottenuto venti anni fa, viene riproposto in una nuova edizione proprio a Spoleto dove era stato allestito la prima volta, Don Chisciotte Frammenti di un discorso teatrale da Cervantes,un'avventura fantastica, tra illusione e allusione sulle orme del mitico cavaliere errante, eccezionalmente interpretato da Pino Micol, accompagnato dal suo fedele scudiero Sancio Panza, un valido Augusto Fornari, nella bellissima lettura teatrale di Maurizio Scaparro, resa ancora più magica dalla colonna sonora di Eugenio Bennato.
“In bilico tra passato e futuro, - scrive Scaparro - la vita è il presente, e il presente di questo nostro Don Chisciotte è nel viaggio, alla ricerca appunto della Fantasia e dell’Illusione, nel mondo del suo cervello. Anche per questo, accanto alla necessità di ricordare la natura “cavalleresca” del romanzo, ho cercato di privilegiare la sua natura “carnevalesca” che non solo distingue il protagonista e il suo scudiero Sancho Panza, ma anche tutta l’umanità che li circonda, impegnata in travestimenti e mutamenti continui, reali o apparenti.

L’ “utopia teatrale” ha così nel Don Chisciotte e in Cervantes materia viva e immensa alla quale attingere a piene mani. L’immagine ideale non può prescindere a mio avviso da questa matrice utopica, carnevalesca e quindi teatrale. Lo spazio che ho scelto per i viaggi della mente di Don Chisciotte è molto semplicemente un “teatro”. Anzi un vecchio cadente rotto “ex teatro”, dove al posto della platea esiste solo una pista di terra battuta, dove forse un giorno crescerà l’erba, e dove miracolosamente sopravvive un vecchio “ex palcoscenico”, nudo, con qualche ricordo residuo di macchinerie teatrali, povere e semplici macchine della illusione e della fantasia; che muovono il sipario, modificano le luci, creano il vento, la pioggia, i tuoni, gli antichi eterni “trucchi”, le illusioni, del teatro di tutti i tempi. Un teatro, l’unico spazio dove possano agire contemporaneamente la verità vera e quella recitata, i due piani del viaggio di Don Chisciotte, appunto, e della sua “follia”.

Ricorda Foucault che la verità del teatro è l’illusione “ce qui est su sens strict la folie”. Semmai, oggi come ieri, c’è da chiedersi se quella di Don Chisciotte fu vera follia. O piuttosto una consapevole ribellione al linguaggio e al comportamento pianificato che esclude o emargina alcune volontà o possibilità profonde dell’uomo. Come il discorso amoroso. Ho esplorato molti personaggi confratelli del Don Chisciotte, in un itinerario che va appunto da Amleto attraverso Riccardo II a Cirano, a Caligola., fino a Don Giovanni.

Queste esplorazioni rappresentano per il mio lavoro di palcoscenico un concreto affascinante risultato di approfondimento sul tema grande della “solitudine” dell’uomo, che si unisce ad altre mie esperienze teatrali e metateatrali di questi ultimi venti anni. Solitudine e festa sono del resto due componenti essenziali per poter comprendere il Don Chisciotte. La genialità mediterranea di Cervantes, che spero di avere intuito e seguito in questo progetto, sta a mio avviso anche nell’avere individuato i contrasti interni a questi due grandi temi. E così la festa si porta appresso spesso la malinconia, la solitudine e l’eccitazione, ed entrambe l’illusione. “